Etica geometrico demonstrata

 Era da un anno che aspettavo il mese di Luglio per frequentare quest'opera, perché l'anno scorso mi aveva stimolata la lettura di un bellissimo romanzo di Yrvin Yalom su di lui. 


Questo ritratto mostra un uomo di 360 anni fa. Circa dodici generazioni indietro rispetto a me. 
Abiti molto diversi, capelli molto diversi, pensieri non molto diversi. 
Quest'opera ha fatto un pezzetto della storia del pensiero filosofico occidentale e secondo Giorgio Colli l'Etica 

<<ha la fermezza di un tempio, in un paesaggio disabitato: se sapremo contemplarlo, penetrare devoti nel suo interno, conosceremo il divino>>. 

Con una presentazione così, come si fa a non voler conoscere un libro che ti potrebbe aprire alla comprensione di Dio. 

Mi immagino allora Baruch Bento nella sua semplice, rustica casetta olandese. Me lo vedo da solo contemplare la campagna, il cielo stellato, IL SILENZIO e mi sono convinta che sia stato il connubbio di intelligenza-silenzio-solitudine a dare come risultato questo lavoro di ingegno filosofico. 



Questa è l'edizione su cui ho studiato.
Giorni di dialogo critico con Bento (ormai è mio amico 😉) e mi sono appropriata del testo leggendo anche decine di volte delle righe che alla prima sembravano irraggiungibili. 

L'ho sottolineato, commentato, interrogato, insultato, elogiato.

L'Etica è uno di quei libri di teoresi pura, che si basano sulla struttura logico-argomentativa, tipica della disciplina filosofica. Nei testi dei licei Spinoza viene definito un razionalista o determinista o monista, in quanto argomenta in maniera rigorosa attraverso proposizioni la realtà intera, che fa coincidere con Dio. 
Giusto per farvi capire il tipo di scrittura vi riporto le prime definizioni con cui parte il libro:
proposizione 1 <<Per causa di sé intendo ciò, la cui essenza implica l'esistenza; ossia ciò la cui natura non si può concepire se non esistente>> oppure << per sostanza intendo ciò che è in sé ed è concepito per sé: vale a dire ciò il cui concetto non ha bisogno del concetto di un'altra cosa, da cui debba essere formato>> ( proposizione 3, spoiler dello stesso Spinoza... è la definizione di Dio che propone subito e che nel resto del libro dimostra in
4/ 5 parti- a seconda  delle edizioni- a loro volta contenenti definizioni, assiomi, proposizioni numerate, spiegazioni, dimostrazioni e scolii.

Ora non sono qui per fare filologia. Non è il mio mestiere. 
Questo blog è la mia casa del pensiero, dove cuore e mente si incontrano e lasciano traccia di ciò che il mondo (interiore + esteriore) mi comunica e insegna. Quindi desidero scrivere di cosa mi porto a casa da questa lettura faticosa e importante.
Ero partita con un'aspettativa alta ed è stata soddisfatta soprattutto per l'applicazione rigorosa della logica lineare, che oggi, però, non è la sola forma del pensare e del reale a essere considerata valida e vera, perché altrettanto vera e reale è quella circolare sistemica di cui il grandissimo Gregory Bateson, ci ha portato chiara testimonianza e che personalmente ritengo pragmaticamente più pregnante.

E mentre leggevo, comunque, mi chiedevo se sarà mai più possibile per una persona essere in grado di mantenere un così alto livello di concentrazione e memoria per registrare puntigliosamente un processo logico ampio e strutturato con riferimenti continui a concetti che riguardano la teologia, la psicologia, l'ontologia senza l'uso di strumenti digitali. Credo che l'uso del pensiero nel 2025 sia molto diverso da quello di metà 600 e leggere opere così fa riflettere sul cambiamento antropologico in corso.

Ciò che mi ha coinvolta in particolare è il capitolo "Origine e natura degli affetti".
Come ho detto poc'anzi il Nostro applica il principio proposizionale assiomatico e dimostrativo per definire e descrivere Dio nella prima parte, poi la mente, poi le emozioni, poi la schiavitù umana legata alle passioni e infine la libertà umana se seguissimo la Ragione. Spinoza enumera le proposizioni e per ciascuna dà dimostrazione o evidenzia o scolio. 

Nelle prossime righe mi soffermerò nel dettaglio su alcune proposizioni della terza parte per mostrare sia la forma di scrittura, ma soprattutto per presentare alcuni punti di vista su quella che oggi potremmo definire "gestione delle emozioni" e quindi dei comportamenti umani. Sono consapevole che da qui in poi la lettura diventerà pesante e difficile, ma se avrai la pazienza di entrare in un pensare tanto diverso dal nostro, potrai fare un viaggio particolare. Se invece non vorrai inoltrarti in un labirinto un po' contorto, salta la lettura fino alla seconda linea tratteggiata, dove di fatto cercherò di fare una breve sintesi interrogativa. 

Faccio presente che il grassetto è mio per mettere attenzione sull'uso delle parole del nostro autore.


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Proposizione 1 << Il corpo umano può essere affetto in molti modi, da cui la sua potenza di agire è aumentata o diminuita, e anche in altri modi, che non rendono né maggiore né minore la sua potenza di agire...>>

Proposizione 20 << chi immagina che venga distrutto ciò che odia, si rallegrerà>>

La dimostrazione dice: la mente si sforza di immaginare ciò che esclude l'esistenza di quelle cose che odia; e perciò l'immagine della cosa che esclude l'esistenza di ciò che la mente odia aiuta questo sforzo della mente, ossia modifica la mente mediante letizia. Chi dunque immagina che venga distrutto ciò che odia si rallegrerà.

Proposizione 23: chi immagina che ciò che odia sia affetto da tristezza si rallegrerà; invece si rattristerà, se immaginerà che sia affetto da letizia; E ciascuno di questi affetti sarà maggiore o minore, secondo che sia maggiore o minore il suo contrario in ciò che odia.

Nella dimostrazione a questa proposizione si dice: una cosa odiosa, in quanto è affetta da tristezza, intanto viene distrutta, e tanto più quanto maggiore è la tristezza da cui è affetta.

Proposizione 24: se immaginiamo che qualcuno modifichi mediante letizia una cosa che odiamo saremo affetti da odio anche verso di lui.

Proposizione 28: tutto ciò che immaginiamo conduca alla letizia noi ci sforziamo di promuoverlo ciò, che invece immaginiamo contrasti alla letizia o conduca alla tristezza ci sforziamo di rimuoverlo o distruggerlo.

Proposizione 32 se immaginiamo che uno goda di una cosa che uno solo può possedere ci sforzeremo di fare in modo che egli non la possiede.

Nello scolio Spinoza dice vediamo così che la natura degli uomini è per lo più costituita in modo che essi hanno pietà di chi sta male e invidia per chi sta bene con tanto più odio quanto più amano la cosa che immaginano posseduta da un altro. Vediamo quindi che da una stessa proprietà della natura umana segue che gli uomini siano pietosi e segue anche che siano invidiosi e ambiziosi infine se vogliamo attenerci alla stessa esperienza, vedremo che essa ci insegna tutte queste cose specie se baderemo agli anni della nostra prima età.  Vediamo infatti che fanciulli dato che il loro corpo è come in continuo equilibrio ridono o piangono per il solo fatto di vedere altri ridere o piangere; essi desiderano subito imitare anche tutte le altre cose che vedono fare agli altri e desiderano infine per sé tutto ciò che immaginano faccia piacere agli altri.  Ciò perché le immagini delle cose sono le stesse affezioni del corpo umano…

proposizione 34: Da quanto maggiore affetto immaginiamo che la cosa amata sia affetta verso di noi tanto più c'è n'è glorieremo.

La dimostrazione dice noi ci sforziamo quanto possiamo di far sì che la cosa amata ci riami a sua volta cioè che la cosa amata sia affetta da letizia accompagnata dall'idea di noi quanto più perciò immaginiamo che la cosa amata sia affetta da letizia per causa nostra tanto più questo sforzo è aiutato; ossia (per la proposizione 11 di questa parte con il suo scolio) da tanto maggiore letizia siamo affetti. Ma dato che ci allieti per aver modificato mediante letizia un altro a noi simile allora contempliamo noi stessi con letizia (per la proposizione 30 di questa parte). Tanto più ce ne glorieremo.

Proposizione 35 se uno immagina che la cosa da lui amata un altro la unisca a se con un vincolo di amicizia uguale o più stretto di quello con cui egli stesso da solo la teneva, sarà affetto da odio verso la cosa amata e invidierà quell’altro.

Nella dimostrazione Spinoza dice: da quanto maggior amore uno immagina che la cosa amata sia affetta verso di lui, tanto più se ne glorierà, ossia ne sarà lieto; percio si sforzerà quanto può di immaginare che la cosa amata sia vincolata a lui nella maniera più stretta possibile. Questo sforzo o appetito è accresciuto, se egli immagina che un altro desideri per sé la stessa cosa. Ma questo sforzo o appetito si suppone sia impedito dall'immagine della stessa cosa amata, accompagnata dall'immagine di colui che la cosa amata congiunge a se stessa. Dunque (per lo scoglio della proposizione 11 di questa parte) perciò stesso verrà affetto da tristezza accompagnata dall'idea della cosa amata come causa e insieme dall'immagine dell'altro. Vale a dire sarà affetto da odio verso la cosa amata e insieme verso quell'altro, che perciò, dato che trova diletto nella cosa amata, egli invidierà.

Nello scoglio Spinoza va nello specifico e dice: questo odio verso la cosa amata, congiunto a invidia si chiama gelosia, che perciò non e nient'altro che una fluttuazione d'animo… questo odio verso la cosa amata sarà maggiore in ragione della letizia dalla quale geloso soleva essere affetto dall'amore reciproco della cosa amata… Questo avviene per lo più nell'amore verso una donna; chi infatti immagina che la donna amata si prostituisca ad altri non solo sarà rattristato per la costruzione del suo desiderio ma anche per il fatto di essere costretto ad accoppiare l'immagine della cosa amata alle parti pudente e alle esecuzioni di un altro.

Proposizione 36 chi si ricorda di una cosa, da cui ha ricevuto una volta piacere, desidera possederla nelle medesime circostanze in cui la prima volta ne ha ricevuto piacere.

Nella dimostrazione Spinoza scrive: tutto ciò che l'uomo vede insieme con la cosa che gli ha dato piacere sarà causa di letizia perciò desidererà possedere tutto ciò insieme alla cosa che gli ha dato piacere.

Proposizione 38: se qualcuno ha preso a odiare la cosa amata, in modo che l'amore venga del tutto rimosso, a parità di causa, egli l'ha perseguirà con odio maggiore che se non l'avesse mai amata e con tanto più odio quanto maggiore prima era stato l'amore.

Proposizione a 39 se uno ha in odio un altro si sforzerà di fargli del male a meno che tema che possa derivare viene un male maggiore; e viceversa chiama un altro per la stessa legge si sforzerà di fargli del bene.

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Spinoza in questa parte fotografa gli affetti umani, ma propone una "gestione delle emozioni" che personalmente ritengo un po' inquietante, perché l'approccio logico mostra un mondo emotivo in bianco e nero o, in termini più moderni di 1 e 0, mentre sono convinta che le emozioni si caratterizzino per essere per ciascuno in infinite gradazioni di grigi.

Spinoza sostiene che ciò che non dona letizia, cioè gioia diremmo noi oggi, sia necessariamente qualcosa da odiare e quindi da distruggere (prop. 20 e 23) e questo anche in una catena relazionale, per cui viene giustificata l'azione distruttiva per invidia e gelosia. Questo stile assiomatico è un invito legalizzato al conflitto. Ancor peggio giustifica logicamente il conflitto. Se A, allora B= se qualcosa mi genera odio, allora lo distruggo!

In tutta l'opera Spinoza parla di "uomo" e ormai siamo tutti abituati a usare questo termine per indicare l'umanità. Ma a leggere con gli occhi di donna, in realtà emerge una idea di donna, purtroppo non con una prospettiva gratificante. Infatti, si legge dalla proposizione 24 alla 39 se immaginiamo che qualcuno modifichi mediante letizia una cosa che odiamo saremo affetti da odio anche verso di lui.

E procedendo nella lettura capisci che alla parola "cosa" non corrisponde un oggetto, bensì una donna! Infatti  nella proposizione 32 se immaginiamo che uno goda di una cosa che uno solo può possedere ci sforzeremo di fare in modo che egli non la possiede.

e poi nella dimostrazione alla proposizione 34 si legge noi ci sforziamo quanto possiamo di far sì che la cosa amata ci riami [ ma una "cosa" può "riamare" ?] a sua volta...

e poi nella proposizione 35 Se uno immagina che la cosa da lui amata [puoi "amare" un oggetto?], un altro la unisca [ti "unisci" ad un oggetto?] a se con un vincolo di amicizia uguale [puoi "legare con vincolo di amicizia" un oggetto?] o più stretto di quello con cui egli stesso da solo la teneva, sarà affetto da odio verso la cosa amata e invidierà quell’altro. Dove ad un certo punto cita proprio la donna e scrive Questo avviene per lo più nell'amore verso una donna; chi infatti immagina che la donna amata si prostituisca ad altri...

Da quest'ultima proposizione si evince chiaramente che la donna è considerata un oggetto e può "logicamente" divenire oggetto di odio e quindi, per la proposizione 20, di legittima ragione alla distruzione, anche perché nella proposizione 39 induce il lettore a considerare la "cosa amata" come oggetto di possesso, di proprietà con cui fare ciò che si vuole.

A questo punto senza andare oltre la disamina mi pongo un paio di semplici e ingenue domande:

La prima: è veramente un uomo che scrive con gli occhi di Dio (sub specie aeternitatis) colui che parla del femminile solo in termini di "oggetto passivo"? 

e quindi: se lo scopo finale che Spinoza aveva era quello di giustificare l'esistenza di Dio in maniera logico-matematica attraverso idee chiare e distinte, vere e indiscutibili, come può stabilire la verità del suo pensiero su Dio e sul mondo, escludendo dai giochi la realtà di un soggetto femminile (certo la Storia, l'ha preceduto, l'ha sempre elusa), che per il 50 per cento è realtà essa stessa, è mondo ed è quindi anche essa Dio?

In altri termini e seguendo sempre la logica lineare: egli avrebbe scritto tale opera con gli occhi di Dio, perché l'uomo è determinato, come tutta la realtà da Dio che è Natura. Ma non ha contemplato nel suo quadro il femminile, quindi la sua idea per cui ha scritto con gli occhi di Dio non è chiara e distinta, vera e indiscutibile. 

E il tempio scricchiola, però!





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