Barbie

 


Fantastico! Ho visto il film Barbie (uscito nel 2023) che sintetizza egregiamente quello che per mesi avevo in testa di scrivere in modo filosoficamente pesante e patetico. 

Evviva il cinema coma attuale migliore espressione divulgativa di messaggi sociali, filosofici e politici. Per  fortuna che questo film è stato campione di incassi con spettatori totali stimati intorno a 152 milioni in tutto il mondo. 

Non so come fare a parlare di questo film senza spoilerarlo, temo che sarà un po' inevitabile!

Sento l'impulso irrefrenabile di tradurre in scrittura i pensieri e le emozioni che ho dentro, dopo la visione ed eccomi qui. Buona lettura!


Partiamo dall'origine: io mi chiamo Barbara come lei. Ma non ho mai voluto essere chiamata Barbie (Barby). Chi mi conosce mi chiama Babi, BB, Babsi, ma non Barbie. Da adolescente non mi piaceva proprio l'idea di essere collegata alla "bambolina di plastica". Chissà come mai 😉

...Da bambina però ci ho giocato eccome. Ma non l'ho mai avuta una Barbie, perchè mia madre non voleva nutrire il mercato commerciale dominante e non voleva una figlia che si conformasse al mondo! Così mi regalava le versioni sfigate.  Ovviamente questa situazione era frustrante e deprimente, ma non potevo che subire la scelta. Quindi da sola a casa preferivo ballare o giocare con le macchinine, o a fare la maestra più che fantasticare con la sottospecie di Barbie, ma con quelle originali, che avevano le mie amiche Francesca e Federica, ci giocavo eccome e con una gioia infinita! Loro ne avevano tante, e avevano anche accessori e vestiti a volontà! Giocavamo pomeriggi interi. Ore e ore e ore a Ranco (sul Lago Maggiore) nelle camerette o di Fede o di Franci - perchè io non avevo nulla e loro avrebbero dovuto traslocare! Ore a vivere mille storie di vita quotidiana. 

Come dice il film: giocando a Barbie giocavamo a essere chiunque volessimo essere. Cavallerizze, impiegate, amiche. Non mi ricordo onestamente quali storie ci inventavamo, ma mi ricordo benissimo il tempo per scegliere come vestirle, pettinarle e mettere le scarpe (era complicatissimo) ... passavamo metà del tempo a cercare di infilare maniche nelle rigide braccia e ai piedi in punta quelle micro scarpe coi tacchi, che ci piacevano tanto!!

Eravamo tutte le donne e nessuna, quanta libertà.

Un mondo al femminile: fatto di dialogo, allegria e spensieratezza. Non litigavano mai le Barbie fra loro. MAI. Come nel film, esattamente come nel film. Un mondo al femminile lì era possibile e facile. Si lavorava, si chiacchierava, si ballava, si sistemava casa. 

Nel mondo quante bambine hanno giocato? E giocano tuttora, come ho fatto io. Mi chiedo quante storie al femminile sono finite nelle cassapanche e morte tra le pieghe di una realtà completamente diversa?  La nostra realtà, che incontra "Barbie stereotipo" nel film, perchè deve andare ad incontrare l'umana che con lei giocava...ma ci arrivo tra un attimo.

Piccola nota: Barbie-stereotipo è LA Barbie, la prima e inimitabile bionda, occhi azzurri, seno coppa 4C, vita da vespa, gambe da stangona. Insomma la "donna inesistente". Lessi da qualche parte che le proporzioni fisiche di questa bambola non sono umane e infatti l'incipit del film, l'ho trovato geniale. 

Inizia con Barbie che arriva dallo spazio


 e le bambine che prima giocavano solo  alle "mamme coi propri bambolotti piccoli da accudire" si ribellano come le scimmie nel leggendario film di Stanley Kubrik  film 2001:Odissea nello spazio

La Barbie ha cambiato l'idea dello stereotipo femminile: da quello "mamma-casalinga"  a quello "gnoccolona, senza vagina" (dettaglio non da poco). 

Le bambine immedesimandosi con Barbie avrebbero potuto vivere l'idea di essere belle donne, sempre sorridenti (ottimiste?) dedite all'apparenza (alla cura di sé?) e con un guardaroba enorme. 

Questo stereotipo oggi si è incarnato in molte donne. 

Quanto abbiamo noi adulti di ciò che facevamo da bambini? 

Quanto siamo ciò che giocavamo?* 

Ad un certo punto arrivaa mio avviso, un altro colpo di genio: la fantastica vita di Barbie comincia a traballare quando, senza rendersene conto, ad un certo punto durante una delle tante feste, dice che magari avrebbe voglia di morire. 

Tutti si congelano: ha pronunciato MORIRE. Come si è permessa?  Subito Barbie si deve correggere, non può dire e rappresentare la fine della storia di Barbie, non c'è fine alla fantasia, alla bellezza, all'amore, ad un mondo tutto rosa! Non si può parlare di morte a Barbieland. 

E invece Barbie, per una magica simbiosi* con l'umana depressa che la possedeva, ha sentito l'istinto di morte. E la percezione di questo limite l'ha cambiata.

Così Barbie-stereotipo comincia la sua conversione. 

Decide di andare dalla segregata Wired Barbie (tradotta in italiano in Barbie-stramba) diventata tale, dopo che la sua bimba umana l'ha deturpata tagliandole i capelli, rompendole le gambe e pasticciandole il viso. Wired-Barbie in Barbieland è la "guaritrice", colei che cura tutte le altre Barbie, perché è passata dal calvario della umiliazione, della violenza e del dolore. 

Barbie-stereotipo va da lei quando i suoi piedi non stanno più sulle punte. Dopo che il senso del limite l'ha pervasa, "ha messo i piedi per terra".


Wired-Barbie le dice che solo andando nel mondo reale ad incontrare la sua bambina, potrà ritrovare la sua perfezione perduta. Perché, va detto, che Barbie-stereotipo così si sentiva, prima di percepire il senso del limite: perfetta! Perfetta nel suo sorriso smagliante, sui suoi tacchi alti e con le gonnelle e i fiocchetti.

 Wired-Barbie le consegna delle comode Birkenstock per raggiungere il mondo reale ed incontrare non una bambina, ma una donna emancipata (non spoilero che lavoro fa-ma anche questo è significativo), una madre di cinquant'anni (come me) con una figlia adolescente. Una donna che ha giocato con Barbie e che possedeva Barbie-stereotipo. Lei donna nel mezzo del cammin di sua vita... che il limite inizia a percepirlo e a intravederlo inesorabilmente.

E in tutto questo: Ken? 

E qui il film diventa a mio parere un capolavoro di antropologia culturale e di rivoluzione sessuale.

Come racconta il film, Ken nasce come accessorio di Barbie, come il camper e il cavallo. Io Ken non l'avevo. Sia io, sia Franci, sia Fede abbiamo fratelli maggiori che giocavano con Big Jim e mettevamo sempre lui, "il bel tenebroso" come figura maschile nelle storie. 



 

Ken era un accessorio irrilevante, semplicemente perché le bambine non cercano il fidanzatino, ed ecco perchè la Barbie è una donna senza vagina. Non è sessuata. 

Barbie non si considera un oggetto di desiderio

Barbie è bella in sé e per sé, non per altri, non per gli uomini.

 Tutto ciò che è e fa Barbie non lo fa per sedurre, ma per essere se stessa. 

Torniamo al film: Barbie decide di andare nel mondo reale e Ken, che non può stare senza Barbie ( gli ideatori l'hanno proprio pensato così), si nasconde nella sua macchina. Lei dopo un iniziale diniego, lo accoglie  e partono insieme. 

Arrivati a Los Angeles (una delle città più depresse degli Stati Uniti d'America, ma sede della Mattel- azienda produttrice della bambolina rivoluzionaria) Barbie comincia  a cercare l'umana.

 Ken, intanto girovaga, osserva, guarda, studia il mondo degli umani e si rende conto che è un mondo patriarcale, dove gli uomini decidono, non le donne come a Barbieland. 

Ken per la prima volta si sente importante, si sente considerato. Si commuove di vedere che lui lì, in quanto maschio, conta, vale. Scatta la rabbia e la ribellione.

Torna a Barbieland...

Ora non voglio andare oltre a raccontare e invito a guardarlo.

Ma sul finale ho una domanda: Barbie vuole diventare una donna per poter procreare o scoprire i brividi della passione con Ken? 


Io non ho regalato Barbie a mia figlia e non ho regalato fucili a mio figlio; con queste scelte educative spero di aver un pochino contribuito a farli diventare persone fuori dagli schemi, liberi da stereotipi, pregiudizi e giochi di potere. Nel mio piccolo ho, spero, educato a un mondo più libero... tra un po'...

E con questa chiusa utopica, passo e chiudo.





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