maschile sovraesteso o femminile sottodimensionato?
Caro diario, ieri sera, a casa nostra c'è stata una delle tante cene con cari amici di una vita, di quelle in cui si può essere se stessi! A ogni cena si aprono dibattiti tra il politico e il filosofico e poi si finisce a cantare a squarciagola Battisti, Venditti e per concludere "We are the world".
Ad un certo punto è stata posta al centro della nostra tavola rotonda una domanda:
che senso ha parlare di "maschile sovraesteso"?
Ora, per chi non lo sapesse, il concetto di "maschile sovraesteso" si riferisce all'uso del genere grammaticale maschile come forma universale o predefinita per indicare gruppi misti o soggetti di genere non specificato.
Intorno al tavolo la parte maschile e anche la maggior parte delle amiche ha ritenuto questo concetto valido e che fosse superfluo modificarlo. In 2 su 11, invece, eravamo dell'idea che questa regola grammaticale celi ben più di un "semplice e comodo" modo di esprimersi.
Oggigiorno a favore della nostra minoritaria tesi intorno a tavolo, si sente e si legge la duplice nominalizzazione del maschile e del femminile. Dal "signore e signori" al "sorelle e fratelli" e in alcuni libri di testo adottati nelle scuole si tende a scrivere per esteso "scienziate e scienziati", "storici e storiche" e così via.
La ragione di questa duplice definizione a me è chiara.
Ieri sera ho cercato di argomentarne l'importanza, ma purtroppo ho solo accennato ad un elemento significativo e poco dopo sono stata tacciata di esporre teorie filosofiche femministe e quindi taciuta.
Allora eccomi qui, nel mio spazio di libertà narrativa ed espressiva, ad esporre le mie ragioni con la calma che la scrittura individuale può dare e che il discorso caotico di undici voci intorno al tavolo non poteva far germogliare.
Premetto che non so dire se mi devo classificare "femminista" per quello che sto per scrivere. In genere non amo essere etichettata. Ma foss'anche, poco m'importa.
Oggi il frame è linguistico. Le mie argomentazioni vogliono essere "cornice di senso". Scrive una donna.
Parto proprio da un tag di questo blog, che io stessa scelsi per indicare le pagine che avrei scritto con un'apertura di ricerca e riflessione. Lo scelsi senza rendermi conto: "man at work". Io, Barbara, scrivo "man".
Avrei dovuto scrivere "woman at work", ma proprio perché non mi reputo "femminista", ho sempre usufruito di espressioni genericamente chiare a tutti.
Ma l'inciampo è proprio qui e, badate bene, non intendo con le prossime righe fare un "j'accuse" al patriarcato, ma constatare e accennare al diritto ad una nuova "visione del mondo".
Credo che, fino ad oggi, non siamo in grado di stabilire quale sia un pensiero femminile, perché il pensiero femminile nella storia è sempre stato risucchiato all'interno di un pensiero maschile.
Anche il pensiero femminista sessantottino, l'apice storica della rivendicazione filosofica del pensiero femminista, è stato costruito e riconosciuto dentro la cornice culturale maschile.
I libri scritti da donne sono stati molto spesso scritti per le donne per attivare la loro coscienza: " Svegliatevi! Dovete essere indipendenti, autonome, libere di pensare e comportarvi da donne".
Benissimo! Bellissimo, giustissimo! Tutti i tentativi di emancipazione femminile, fino alla più potente, avviata negli anni Sessanta del secolo scorso, sono stati il prodromo di quello che oggi stiamo vivendo: donne al potere, donne in azienda, donne fuori casa che decidono (anche per gli uomini).
Mi sia data qui opportunità di ringraziare le case cinematografiche americane, che hanno fatto più loro in dieci anni di film che sessant'anni di politica femminista.
L'inconscio collettivo ed individuale degli ultimi dieci/quindici anni ( una minuscola decade nella Storia dell'umanità) ha cominciato a nutrirsi di storie televisive in cui si vede, si ascolta, si percepisce di contesti culturali in cui le donne sono insieme agli uomini. Non sono solo "le mogli di...", "le segretarie di..." ," le amanti di...". Nella maggior parte dei film e delle serie televisive americane degli ultimi anni, infatti, i personaggi femminili sono a tutti gli effetti caratterizzati per essere a fianco di uomini senza cadere necessariamente nella subordinazione e nelle sola relazione erotico-sentimentale. Consiglio la visione di The diplomat, The designed survivor e Outlander solo per citare le ultime serie che sto vedendo e in cui i caratteri femminili sono profondamente indipendenti e complementari ai protagonisti maschili. Perché le case cinematografiche americane, seguendo diversi regolamenti (uno di questi titola "Le linee guida di inclusività di Hollywood") hanno, in un certo senso, calato a terra il pensiero filosofico femminista e hanno tradotto in "storie" ciò cosa significa la parità di genere. Cioè, hanno mostrato i segni che lasciano nel vissuto del mondo persone che, con teste e sensibilità diverse, accedono alle stanze dei bottoni.
Questa immagine ( quindi "idea") di donna è possibile anche grazie al presupposto filosofico-culturale secondo cui il linguaggio costruisce "mondi di senso". E lo dice il grande Martin Heidegger -uomo :)
Dichiarare costruisce mondi di senso, non dichiarare o "non costruisce " o "costruisce, comunque, un mondo di senso".
Mi spiego: oggi se scrivo la seguente frase " Siamo stati in manifestazione", sto dicendo che, essendo io scrivente una femmina, evidenzio che ieri fosse presente certamente un maschio, perché la regola grammaticale della lingua italiana prevede che si usi il maschile anche se nel gruppo è presente un solo uomo su migliaia di donne.
Questa regola grammaticale, in una situazione come quella poco sopra ipotizzata determina distorsioni della realtà. Perché un uomo solo in un contesto di 10.000 donne non ha rilevanza essenziale. In un contesto totalmente femminile il senso del mondo è femminile.
Diecimila donne sono diversamente da diecimila uomini.
Il tema è proprio in questo uso comune del linguaggio che vede in maniera convenzionale, abitudinaria e pigra il nostro esprimere e raccontare il mondo.
Anche le regole grammaticali, come le regole sociali, stabiliscono nessi e relazioni ben precisi: Anche se c'è un solo uomo, egli vale così tanto che fa scomparire le diecimila donne.
La regola grammaticale dovrebbe descrivere la realtà, se seguiamo la regola maggioritaria, allora quando sono andata in manifestazione con diecimila donne e un uomo, devo dire "ieri siamo state in manifestazione" , poi se sono oggettiva e voglio specificare che c'era "un lui" con noi, lo farò.
Seguendo l'attuale regola grammaticale, nella comunicazione odierna, quante volte siamo state cancellate dalla realtà?
Questa cancellazione, questo "non detto" crea un preciso mondo di senso. Stabilisce delle gerarchie, disegna un quadro in cui il femminile non è il partner, bensì un accessorio, può esserci come può non esserci.
In un retaggio culturale di 6000 anni di storia, le donne sono costituite cellularmente da struttura maschile.
Gli studi epigenetici degli ultimi decenni ci dicono quanto incidono nei circuiti di memoria comportamentale i "mondi di senso" dei nostri antenati.
Modificare linguisticamente le nostre abitudine non è questione di "politacally correct", non è questione " di galanteria". Ma è "messa in atto" di un "mondo di senso" i cui effetti potranno essere raccolti tra centinai, forse migliaia di anni.
Quello che voglio dire è che fino a quando anche linguisticamente non cominciamo a definire il mondo secondo la presenza femminile, non sapremo mai come potrebbe essere un mondo altro, perché abitiamo le parole e le parole ci definiscono.
Quanto nei libri di scuola emerge del pensiero femminile? Io ho studiato filosofia all'università, su centinaia di pagine di storia della filosofia, ho letto solo due libri di filosofe. All'università. Al liceo? Zero!!!
Se leggiamo saggi di studiose, ci rendiamo conto che i temi cari al femminile sono mediamente quelli legati alla "cura", alla "educazione", alla "comunicazione" a noi tanto cara :) . Credo che l'umanità abbia gran bisogno di "cura" ed "educazione":
E ci tengo a sottolineare che non dò valenza morale alle distinzioni di genere. Anzi, ho vissuto in contesti dove il femminile era maggioranza ( scuola magistrale) e volevo spararmi. E ho tanti amici maschi.
Quello che ribadisco è lo "spazio di cambiamento" che dovremmo darci come umanità, dando al femminile il pari diritto di definire direzioni, senso e forse anche "nuove verità" per la maggioranza.
Le donne al potere che stanno anno dopo anno prendendo decisioni, ancora non sono cellularmente pregne di quella dose di femminile che mi auguro potranno vedere le mie pronipoti.
Il pensiero dei giovani continua a costruirsi sul pensiero maschile. Siamo solo ai prodromi. Ma sono ottimista. Come sempre.
Un bel passo verso un cambiamento di senso: l'editoria scolastica adotti i principi della "diversity and inclusion" hollywoodiana e poi ci ritroviamo intorno ad una tavola rotonda.



Commenti
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grazie per avermi scritto. ti risponderò al più presto.
ciao
Barbara