Maestra?
<<Maestra?>> <<Maestra?>> <<Maestra?>>
Quante volte mi sono sentita chiamare così negli ultimi 7 anni.
All'inizio del mio ottavo anno di insegnamento mi sembra bello fare una breve disamina di questo mestiere che svolgo con tanto amore. Quanti mestieri si possono fare "con amore"? Molti, sicuramente. Ma il mestiere di maestro si deve fare con amore, altrimenti, a mio modesto parere, non riesce. E' un privilegio fare questo mestiere, quindi, perché puoi vivere il tuo tempo lavorativo stando in uno stato d'animo rigenerante e costruttivo.
L'origine filologica della parola maestro e magister, che deriva da magis, cioè "di più".
In generale, il "magister" nell'antichità era un individuo dotato di competenze superiori rispetto ad altri in un determinato ambito e, per questo, incaricato di dirigere o insegnare.
Senza polemica, ma con amarezza, spiace che oggi questo significato sia andato perso e non vi sia un riconoscimento sociale ed economico del ruolo del magister. Ovviamente, non sono né la prima né l'ultima a sostenere la tesi secondo cui una scarsa considerazione dell'istruzione in un Paese, porta ad una inevitabile pauperizzazione della società e quindi del livello economico dello Stato stesso, con aumento di disagi, criminalità, malattie...ma questo è tutto un altro capitolo.
Torniamo a ciò che hanno o dovrebbero avere "di più" i maestri. A mio parere prima di avere più conoscenza e più sapere, i maestri debbano avere più cuore. La neuroscienziata Daniela Lucangeli, spiega molto bene l'importanza per il benessere psichico di una bambino (ma anche di un adulto) dello stare in sintonia cardiaca con l'altro. E' importante che il cuore sia calmo per aprirsi all'altro (persone e/o saperi).
Quando i bambini ti chiamano, infatti, non lo fanno come quando un manager chiama il proprio boss. Lo riconosci dal tono: loro primariamente cercano un'accoglienza. Come <<mamma?>> <<Ci sei?>>.
La maestra, il maestro prima di sapere devono esserci.
Durante le ore, i giorni, le settimane, i mesi e gli anni assieme si scoprono diversi toni in cui è richiesta la maestra: per consolare, per calmare, per sciogliere i conflitti, per assorbire le delusioni, i dolori, ma la maggior parte delle volte è per dar senso a qualcosa che non si sa nominare e quindi spiegare.
E il sapere? Scrivere, leggere e far di conto? Aiutarli a sviluppare il pensiero astratto, quello critico, quello creativo? Arriva tutto dopo. Qualcuno direbbe: prima di tutto devi creare il rapport.
Io preferisco dire che prima di tutto vi deve essere la fiducia che significa "confidenza" o "sicurezza". Il termine latino deriva dal verbo "fidere", che significa "fidarsi", "avere fiducia" o "affidarsi". La radice "fid-" è legata all'idea di fede e lealtà, e la stessa radice si ritrova in parole come "fede". I bambini per poter avere una mente aperta devono sentirsi sicuri. Ecco perché capita spessissimo che al posto di "maestra" si viene chiamati "mamma": se fai bene il tuo mestiere, il senso di sicurezza è il medesimo di quello materno. Quando capita questo lapsus, sai che con quel bambino o quella bambina sei nel giusto mood per lavorare bene.
Essere amorevole e ispirare sicurezza sono quindi le skills indispensabili per essere un buon maestro. Già, perché "non si fa la maestra", "si è maestra". E' uno stato dell'essere.
Ma si può essere maestri di tutti i bambini? Formalmente per forza, sei la maestra di un'intera classe. Ma non credo che si possa essere "la" maestra di tutti. Credo che essere maestri non sia un'attributo in sé e per sé di una persona, seppur abbia questa vocazione. Anche se tu fossi una persona che ispira sicurezza e fiducia e sapessi donarti con amore, non è detto che tu riesca a creare la giusta connessione per aprire tutte le menti della classe alla conoscenza. Questa magia relazionale che fa dell'incontro interpersonale una via per la crescita, il cambiamento e lo sviluppo personale di un bambino, è un connubio chimico. L'articolo determinativo che ti fa dire "lei è la mia maestra", "lui è il mio maestro", ossia coloro grazie ai quali sono pronto ad uscire dalla mia zona di sicurezza, perché so che a fianco ho chi mi sostiene, è una magia, è un dono raro.
Il concetto di "fiducia" rimanda all'atto di affidarsi o confidare in qualcun altro, basato su un rapporto di credibilità e lealtà.
Una delle qualità del maestro si misura quindi nel riconoscere con quanti bambini riesce a entrare in quel rapporto, senza il quale non si apre la porta alla conoscenza.
Ma non vi è una responsabilità di questa magia, proprio perché è una magia, una sintonia, una affinità, vi è molto della fortuna.
Questo non significa che il maestro non possa entrare in un buon rapporto con tutti i suoi alunni. Deve, ella o egli, sforzarsi di cambiare flessibilmente il proprio comportamento per adeguarsi alle esigenze del singolo bambino. Ma in questo caso vi è una non istintiva e naturale confindenza, ma uno sforzo di adattamento, di avvicinamento all'altro che stanca la persona. Quando invece vi è un naturale capirsi e cogliersi non vi è sforzo.
Il buon maestro deve essere consapevole che non può piacere a tutti, ma di tutti deve essere rispettoso-che è una forma dell'amore. Il buon maestro sa di essere parziale, ma non perchè faccia figli e figliastri, ma per chimica. Il buon maestro deve accettare i propri limiti. E così, conoscendo i propri confini, potrà trovare altre strategie per far si che i bambini accolgano i suoi insegnamenti.
Una di queste strategie è per me quella di fare amare l'oggetto di conoscenza: ogni elemento di informazione lo racconto come se fosse straordinaria e incredibile. La conoscenza è magica e meravigliosa, perché crea meraviglia.
Allora io divento la voce delle scienze, della storia, della matematica...incarno i vari saperi, che si impersonificano nei racconti di tutti, nelle esperienze di scoperta e gradualmente la figura del maestro passa da essere corpo fisico che accoglie, sorregge e soccorre a esempio, guida, suggeritore.
Il percorso dell'insegnamento dura 5 lunghi anni. Sono anni di una trasformazione incredibile dell'essere umano. Lo accogli in prima che non sa allacciarsi le scarpe e piange la mancanza della mamma e lo saluti in quinta che puzza di ormoni di pubertà.
Questo lungo viaggio insieme deve arrivare ad un distacco, che si chiama autonomia. Saper trovare la propria regola per responsabilizzarsi.
Il maestro sa che sarà dimenticato. Sfumerà il ricordo di una persona. Ma nei muscoli e nei neuroni dei propri studenti ci sarà sempre.



Commenti
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grazie per avermi scritto. ti risponderò al più presto.
ciao
Barbara