cosa significa facilitare la filosofia per me

Nell'ultimo mese ho facilitato 5 pratiche. E' un dovere e un piacere che ne lasci traccia in questa casa virtuale che ha vissuto dall'inizio (16 anni fa) il mio passionale percorso di pratica filosofica. Ecco il mio stile, oggi:

Ho proposto una #comunitàdiricerca, una #praticasuldubbio.

Entrambe con un uso della lavagna bianca che desse ai compagni l'opportunità di seguire oltre al contenuto del discorso anche le intenzioni comunicativo-emotive ( 6 cappelli di De Bono + 2). 

In questa modalità di facilitazione, il flusso riflessivo diventa un confronto anche sulla propria personale espressione di un vissuto. Non si presenta una pura esposizione teoretica del tema, ma proprio una impronta personale dello stesso. Al contempo, la circolarità dialogica rallenta il pensiero, un po' raffredda l'istinto di entrare in rapporto diretto con un partecipante e permette una parallela oggettivazione del contenuto trattato. 

Per esempio: nell'ultima comunità di ricerca ho presentato un brano che suggeriva la riflessione sul "ruolo sociale". Ecco di seguito il pretesto, che ho fatto leggere tre volte in modalità circolare per far entrare più in profondità i concetti.

Quanti ruoli vivi nella tua vita?

Di genitore, figlio, insegnante, professionista, impiegato… il ruolo è molto importante perché, come l'abitudine, ti consente di ritrovare automaticamente sicuri punti di riferimento che, a loro volta, diventano punti di riferimento anche per chi con te interagisce. Questo comporta per entrambi un grande risparmio di energia emotivo-mentale da convogliare nel rapporto stesso e in altre direzioni che si desiderano. Ma anche il ruolo, come l'abitudine, può avere una valenza invischiante; ti spinge, con la complicità della tua inconsapevolezza, verso comportamenti stereotipati che inibiscono il flusso del tuo sentire, tale sentire, a differenza del ruolo, è vario e diverso in ogni situazione. Così i comportamenti stereotipati offuscano la dinamica creativa del rapporto. Tutto questo è percepito anche dal tuo interlocutore che, se a sua volta interagiva attraverso un suo ruolo, vi si incista ancora di più, per ritrovarvi al suo interno le sue sicurezze. ( brano tratto dal libro "Nuove meditazioni quotidiane. Autore Dede Riva-Edizioni Mediterranee, 2007)


Dopo la triplice lettura, hanno formulato ciascuno una domanda per poi sceglierne una sola su cui aprire una collegiale riflessione.

Ecco le domande ( quelle in grassetto sono state le due più votate e poi è stata scelta la prima):

-         QUAL è IL COSTO DELLA SICUREZZA?

 

-         IL RUOLO INGABBIA. IN CHE MODO SI Può CONVOGLIARE L’ENERGIA EMOTIVO-MENTALE IN ALTRE DIREZIONI? 

 

-         I RUOLI CAMBIANO E GLI INTERLOCUTORI CAMBIANO DURANTE LA VITA. PERCHè LEGGERE IL RUOLO COME “STEREOTIPO”? 

 

-         QUANTO TI SENTI RIGIDAMENTE INGABBIATO IN UN UNICO RUOLO CONVENZIONALE E QUANTO QUESTA GABBIA SENTI CH TI SOFFOCA? 

 

-         L’INCONSAPEVOLEZZA AGISCE SEMPRE NELL’ASSOCIARE RUOLO-EMOZIONI O è POSSIBILE CHE Ciò NON ACCADA? 

 

-         Perché DOVRESTI RITROVARE PUNTI SICURI IN UN RUOLO? 

        Già leggere così tante belle domande, mi farebbe praticare ore e ore per investigarle tutte😎.

    Ma poi ecco che il gioco ha inizio. Circolarità della parola e 2 minuti circa a testa:

L


        Queste pagine al lettore non possono dire alcunché di particolare, di sconvolgente e originale, forse; ma nella "diretta" i colori aiutavano a leggere l'intenzione comunicativa che stava dietro al proprio punto di vista. Il marrone è il colore della terra fertile, è la domanda aperta, è la richiesta di aiuto per avere risposte da quelli che seguono. Il blu è il colore dello sguardo dall'alto, in un atteggiamento distaccato, senza particolare presa emotiva personale. Il nero invece evidenzia un'accezione pessimistica dell'affermazione, a cui i compagni possono rispondere con altre prospettive emozionali. 


        Interessante, per esempio, aver visto come un partecipante abbia detto in nero "il costo della sicurezza ( ruolo sociale del lavoratore, il ruolo del padre o del figlio) è sacrificio e al giro successivo abbia chiesto di scrivere a fianco che il sacrificio è -a distanza di tempo- rosso d'amore. Il partecipante è un uomo con una madre anziana, una figlia indipendente che l'ha fatto diventare nonno. Nel suo giro di ascolto e riflessione ha elevato a coscienza e dichiarato pubblicamente qualcosa di intimo, in un gruppo in cui vi erano persone nuove o quasi. Ha espresso il suo vissuto con onestà e dando l'impressione di aver ammesso a se stesso ad alta voce di qualcosa che non si era detto mai o troppo poco. 

        Il viola è il colore dei valori e delle credenze. Parlare viola significa esporre fortemente un proprio filtro esistenziale al quale gli altri possono contrapporre una loro visione del mondo, senza, tuttavia, arrischiare di entrare in un acceso battibecco su chi ha il valore più grosso. Questo è uno dei bei motivi per cui amo dare queste occasioni di confronto. In una qualsiasi "chiaccherata al bar" il rischio di scivolare nel "celodurismo" è altissima, trattando in particolare argomenti delicati come quello che ho messo sul tavolo. Il ruolo ti può identificare così tanto che basta poco a farlo divenire arma e armatura. 
        Invece giocare con delle precise regole e strumenti spersonalizza in un certo senso il tuo ego. Non dobbiamo difenderci, perchè se è vero che portiamo noi stessi con le nostre verità personali, allo stesso tempo noi siamo semplici narratori che offrono un cosa da ascoltare. 

        Già i partecipanti vestono il ruolo 😊dei "filosofi" cioè di coloro che sono aperti alla scoperta, alla domanda, all'indefinito. Si sforzano di analizzare con cura le parole da usare, ponderano con il mio aiuto qual è il modo migliore per esprimere un concetto, un'idea.   
            
        Alla fine delle due ore insieme non si torna mai a casa con delle risposte. Che filosofia sarebbe?
        Si torna a casa con domande: e la mia sintesi interrogativa finale è stata:

 

È, il ruolo, intrinseco nel riconoscimento del sé, come una maschera che non possiamo togliere? O è possibile  esprimere se stessi uscendo dal ruolo stesso. Ma uscendone, come può l'altro entrare in relazione con te, se questi ha delle aspettative intrinseche al ruolo stesso?

    
                                            Affido ora questa domanda al lettore. 

Il




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