Le pratiche filosofiche in azienda



Le pratiche filosofiche sono metodologie per l’esercizio del pensiero. Sono strategie per il raggiungimento di una maggior consapevolezza cognitiva, esistenziale e  valoriale. Sono strumenti per la stimolazione critica alla vita, ma con uno sguardo rivolto alla nostra finitudine e alla nostra temporanea responsabilità terrena.

Cafè philo, dialogo socratico, comunità di ricerca, pratica sul dubbio sono processi di riflessione che partono da narrazioni biografiche e portano, con approcci diversi, a raggiungere un livello di ragionamento più ampio, più universale su temi sensibili al gruppo di lavoro. Le pratiche sopra citate possono essere applicate in contesto organizzativo per molteplici motivi: i più evidenti sono certamente quello di una migliore chiarificazione concettuale e contestuale di un problema, un miglioramento del clima relazionale del gruppo di lavoro; accentando di voler mettere in luce non solo il ruolo professionale, istituzionale, ufficiale, ma proprio al contrario per spogliare i partecipanti dell’abito abituale e provare a in-vestirli di complementari dinamiche relazionali che aiutino a smuovere il contesto di riferimento stesso.
Un esempio:


attivare una pratica filosofica in un gruppo di lavoro serve a far chiarire al gruppo stesso il concetto disquisito durante la pratica stessa ( per esempio: cos'è la trasparenza?), facendo parlare non solo i ruoli professionali, ma le persone che questa analisi sta esigendo. Quando, all'inizio di una sessione di dialogo socratico o di cafè philo, spiego quale sia il miglior atteggiamento che i singoli devono assumere affinché il lavoro porti i suoi frutti, insisto molto sull'importanza di cercare di rompere le barriere di ruolo. Al  centro dell’incontro devono essere messe in gioco le esistenze dei partecipanti il più possibili complete. Tornando all'esempio della trasparenza è probabile che un caso concreto di trasparenza io l’abbia vissuto più con mio figlio che non con un collega, allora per il raggiungimento della cosiddetta core definition del dialogo socratico (cioè la definizione generale del concetto condivisa da tutti, che nel nostro caso è quello di trasparenza) dovrò avere il coraggio di  raccontare un evento della mia vita di madre e non di lavoratrice. Questa esposizione tendenzialmente metterà in luce la narratrice in maniera più empatica e più “umana”, non necessariamente più debole (e per proteggere da questo possibile senso di vulnerabilità è fondamentale il ruolo del consulente filosofico che modera la conversazione), certamente è un’immagine più completa.
A mio avviso questa è la grande novità formativa delle pratiche filosofiche: esse, perché vale per tutte, impongono al narrante la completa messa in gioco di se stessi. La parzialità (lavoratore, genitore, amico, figlio…) è inglobata da una universalità narrante spersonalizzata che fa percepire non solo intellettualmente, come valore condivisibile l'importanza del work-life balance, lo fa esperire, vivere e comprendere con un tangibile coinvolgimento fisico all'investigazione concettuale di un tema interpretato aziendalmente. Durante la pratica ognuno darà la propria definzione, descrizione, contestualizzazione di "trasparenza" a partire da esperienze concrete di vita vissuta che verranno analizzate, osservate al microscopio. I concetti che aiuteranno ad individuare gli aspetti chiave, ceratterizzanti la galassia "trasparenza"  saranno le categorie che i partecipanti  metteranno in campo, per esempio: giuridica, estetica, fisica, etica, manageriale, sentimentale... tutte saranno vere, valide, accolte e rispettate. Sarà sempre il gruppo a stabilire come, dove, quando tagliare, escludere, aggiungere o sistemare la descrizione di trasparenza, affinché tutti si sentano anche solo in una virgola riconosciuti e accolti.L'effetto positivo di questa modalità formativa è un potentissimo engagement.

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